Criteri e norme per la stesura della tesi di laurea Trattandosi di questioni metodologiche-organizzative, essi valgono sia per le tesi del vecchio ordinamento (quadriennale) che per quelle del nuovo ordinamento (triennale e/o specialistico biennale). Quanto alle dimensioni: – per le istruzioni generali, si veda il sito di facoltà: 1. Come si redige una tesi I fase: Ricerca preliminare intorno al tema e resoconto iniziale Comprende: b) Contemporaneamente, ricerca bibliografica il più completa possibile e individuazione degli strumenti bibliografici almeno inizialmente necessari. Tale lavoro di ricerca va accompagnato dalla redazione di un file informatico ordinato alfabeticamente, riportante il riferimento esatto e definitivo delle opere che saranno citate nella tesi. c) Resoconto dattiloscritto di questa ricerca preliminare, che dovrà mettere in luce lo status quaestionis di fatto e possibilmente evidenziare quale potrebbe essere l’orientamento generale della ricerca che lo studente intende fare. II fase: Progettazione di un piano provvisorio di lavoro e prime stesure. b) Elaborazione e stesura dei temi, via via indicati nell’indice provvisorio. Dalla discussione dei dattiloscritti presentati di volta in volta deve maturare l’indice definitivo. III fase: Stesura graduale del lavoro e presentazione di tale stesura mano a mano che viene maturando. Come norma generale, deve essere sempre tenuto presente che la tesi deve essere una demonstratio e non soltanto una narratio: la ricognizione e l’esposizione fedele del pensiero altrui è il necessario presupposto dell’efficacia e del rigore della dimostrazione. b) I testi devono essere esposti con linguaggio che sia filtrato attraverso il linguaggio dell’espositore: il senso autentico del testo non deve essere tradito, ma non per questo deve essere dato con lo stesso identico linguaggio dell’autore considerato. Cioè l’esposizione deve essere nello stesso tempo fedele al senso del testo, e resa con il linguaggio personale del ricercatore. c) La critica deve essere interna: cioè il più possibile l’autore deve essere portato a fare i conti con se stesso e non con categorie estrinseche. Di qui l’importanza di citazioni che confermino e provino gli assunti della tesi. d) Nella stesura gli spunti critici possono accompagnare la esposizione, come possono concludere le singole esposizioni di paragrafi, capitoli, parti ecc.; ma il ricercatore dovrà tenere uno schedario delle sue osservazioni critiche per due fini: per controllarne sempre la coerenza; per sistemarle in un corpus unico, che sarà utilissimo per la stesura della conclusione. e) Gli spunti critici le osservazioni ecc. nascono nei modi e nei momenti più impensati. Perciò il ricercatore deve sempre annotare a parte (su schede, fogli a parte) gli spunti critici, le osservazioni ecc. che possono sorgere durante la lettura dei testi o in altri momenti, magari non a proposito del tema che in quel momento sta elaborando. Ciò affinché non vada perduto niente, soprattutto per il tradimento della memoria. Tutto ciò che si è annotato non necessariamente dovrà entrare nel lavoro: può darsi che, a ragion veduta, a maggiore maturazione dell’indagine si scopra la vacuità o l’inutilità di certe osservazioni annotate, oppure ci si accorga dell’importanza di spunti critici annotati e che non si ritenevano addirittura pertinenti. f) Le citazioni di qualsiasi testo consultato debbono sempre rigidamente essere date in modo che si capisca che è citazione testuale (tra virgolette quindi). Mentre quando si espone qualcosa di altri con proprie parole deve soltanto essere chiaro che è esposizione nostra del pensiero altrui. Le citazioni dirette in lingua straniera vanno fatte con parsimonia e solo nel caso che ciò sia richiesto da una particolare pregnanza, intraducibile, dell’espressione straniera o dalla necessità imposta da un’esegesi letterale. Anche in tali casi si deve darne una traduzione in nota chiarendo la traduzione da cui si cita, qualora la traduzione non sia propria (ciò che è sempre auspicabile). g) Le citazioni testuali debbono essere scelte per il valore che esse hanno ed essere date proprio come citazioni testuali o per la pregnanza loro o perché decisive per testimoniare un aspetto problematico ecc. Non bisogna servirsi delle citazioni e magari di lunghe citazioni per facilitare il lavoro di esposizione. Chi legge sa benissimo che per conoscere il pensiero del testo esposto può ricorrere al testo stesso; non è per questo che legge l’esposizione fattane da un ricercatore. Il ricercatore può servirsi di qualunque autore ed utilizzarlo all’interno della propria indagine, purché sia sempre dichiarata la paternità del pensiero che viene esposto. h) L’introduzione e la conclusione non necessariamente devono essere stese rispettivamente prima e ultima. Generalmente sono le ultime due stesure e l’introduzione spesso è l’ultima parte della tesi ad essere scritta. i) Lo stile, proprio perché è di ricercatori nel campo della filosofia, non soltanto deve tendere alla chiarezza, ma deve essere anche curato per quanto riguarda la correttezza (ortografia, grammatica e sintassi). l) I titoli di opere, studi, articoli, note ecc., che vengono richiamati nel corso del lavoro debbono essere sempre sottolineati (= in corsivo); mentre i titoli di Riviste, periodici ecc. vanno posti tra virgolette. m) I termini o le frasi in lingue straniere vanno distinti dal testo italiano con le virgolette o con il corsivo. Per il greco, si usi preferibilmente unicode. n) Quando si continua di seguito l’analisi di un’opera non è necessario ripetere ad ogni nota a piè di pagina l’autore e il titolo dell’opera (nemmeno nella forma abbreviata X, …. cit.,). o) Si raccomanda di segnare il punto fermo alla fine di ogni nota. p) Il laureando faccia un uso intelligente degli a capo nel suo dattiloscritto, evitando sia la serie massiccia delle pagine piene, sia lo spezzettamento a ogni periodo. Si torna a capo, con almeno tre battiti vuoti di distacco dall’inizio della riga, dopo un giro di ragionamenti che chiude un certo discorso. q) Si raccomanda pure una buona suddivisione dei singoli capitoli o di qualche introduzione e conclusione particolarmente lunghe, mediante titoletti nuovi, qualche puntino divisorio o eventualmente qualche spaziatura più abbondante, in modo da alleggerire la pagina e dare il senso dei passaggi al lettore. r) La numerazione delle note nei dattiloscritti deve andare da 1 a X per ogni singolo capitolo, non per l’intera tesi. s) Non dimentichino di compilare l’indice generale, da porsi all’inizio o alla fine del lavoro. Tali indicazioni hanno valore regolativo e non si intende con esse contrastare gli orientamenti metodologici originali del singolo ricercatore, i quali saranno assunti e indirizzati nel colloquio con i docenti. Nella fase di raccolta della bibliografia è consigliabile lavorare con schede, in ciascuna delle quali si annota una voce bibliografica soltanto. È importante segnare sulla scheda (in cifra) il repertorio o comunque la fonte da cui il dato bibliografico è stato raccolto. Così pure è bene annotare a parte tutti gli strumenti bibliografici che sono stati spogliati. Il file informatizzato della bibliografia deve essere sempre aggiornato, preferibilmente secondo la forma di seguito proposta. 4. Il format della tesi Font: Times New Roman (oppure Garamond o analogo per Mac) corpo 12 Interlinea 1,5 Dovrebbero essere così circa 32 righe (senza note: altrimenti Word riequilibrerà automaticamente la pagina) per 75/80 battute per riga. 1. Cognome dell’autore (in tutto maiuscolo o in maiuscoletto) preceduto dall’iniziale puntata del nome. Il nome deve essere indicato per intero qualora vi sia possibilità di equivoco. Anche i nomi degli autori classici, medievali e umanistici vanno in tutto maiuscolo. È preferibile dare secondo la forma nazionale i nomi degli autori moderni che hanno scritto in latino. 2. Titolo dell’opera completo, compreso l’eventuale sottotitolo. In corsivo (italic) o sottolineato. Tra cognome dell’autore e titolo dell’opera si omette la virgola se il cognome dell’autore è posto in caso genitivo (cfr. es. sub c.). In seconda citazione il titolo va abbreviato (si indichino soltanto le prime due o tre parole seguite da “cit.” (Cfr. es. sub e.). Trattandosi di una miscellanea, al titolo dello scritto segue quello della miscellanea preceduto da “in” (cfr. es. sub g.). 3. Nome dell’editore (curatore) in tutto maiuscolo. In tondo invece: ed., rec., a cura di, e simili (cfr. es. sub c.). 4. Numero del volume citato espresso in cifre romane (ed eventualmente della “parte” in cifre arabiche) prima del luogo o della data di edizione, purché la data si riferisca specificamente a quel volume (cfr., es. sub a, c, d,). 5. Luogo di pubblicazione (nella lingua del frontespizio) e anno di edizione. Tra luogo ed anno si omette la virgola e non si indica la casa editrice. Il numero della nuova edizione si esprima con una piccola cifra ad esponente dell’anno di edizione (cfr. es. sub f). 6. Editore: si può o indicare l’editore di ciascun libro riportato in bibliografia, oppure limitarsi al luogo di edizione. Ma non mescolare i criteri. 7. Titolo della collana (ove occorra) cui il volume appartiene, seguito dopo una virgola dal numero progressivo, fra parentesi rotonde (cfr. es. sub b). 8. Indicazioni della pagina o delle pagine in numeri arabici con la semplice p. se è una pagina sola, e: pp. se sono più pagine. Così pure, se si vuole indicare una pagina che segue, si userà la forma: s. e se le pagine seguenti sono più di una, la forma: ss. Usare con parsimonia la forma: passim. Esempi: a) E. CASSIRER, Storia della filosofia moderna, IV: Il Problema della conoscenza nei sistemi posthegeliani, trad. ital. di E. Arnaud, Torino 1958, pp. 132-187. (segnalibro: CASSIRER [1958], pp. ….) M. F. SCIACCA, La Filosofia oggi, II, Milano 19583, p. 380. b) R.G. COLLINGWOOD, Il concetto della storia, a cura di D. Pesce, Milano 1966 (Filosofi contemporanei, 8) p. 131 e passim. c) A. ROSMINI, Nuovo saggio sull’origine delle idee, III, a cura di F. ORESTANO, in Opere edite e inedite di A. Rosmini-Serbati, V, Roma 1954, pp. 15-25. d) E. HUSSERL, Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie, I, a cura di W. BIEMEL, Den Haag 1950, pp. 111-114. e) M. VEGETTI, L’etica degli antichi, Roma-Bari 1989 (19912), pp. 20-35. f) N. HARTMANN, Grundzüge einer Metaphysik der Erkenntnis, Berlin und Leipzig 19522, pp. 133-138. g) C. FABRO, La storiografia nel pensiero cristiano, in Grande antologia filosofica, V, Milano 1954, pp. 311-503. CITAZIONI DI PERIODICI 1. Per il nome dell’autore e il titolo dell’articolo valgono le norme sopra fissate. 2. Titolo completo del periodico in tondo fra virgolette (« ») senza: in. 3. Indicazione della serie (quando manca una numerazione unica complessiva dei volumi), numero dell’annata o del volume (in cifre arabiche) seguito dall’anno solare tra parentesi rotonde). L’anno va posto tra virgole, se l’intera citazione è già tra parentesi. Si evitino di aggiungere l’indicazione del fascicolo singolo, a meno che esso non abbia una paginazione propria, e anche il luogo di edizione. 4. Pagine dello scritto o del brano cui si rinvia, con p. o pp. 5. Se uno scritto è apparso su un periodico e successivamente è stato ristampato in volume, alla citazione completa del periodico si aggiunga l’avvertenza: “ristampato nel vol.” e si faccia seguire la citazione completa del volume. (es. sub d.). Esempi: a) E. SEVERINO, Ritornare a Parmenide, «Rivista di filosofia neoscolastica» 56 (1964), pp. 137-175. b) B. NARDI, Note per una storia dell’averroismo latino: Questioni Sigieriane, «Rivista di storia della filosofia» 2 (1947), fasc. Il, pp. 19-25. c) A.L. KELKEL, Husserl et Kant, «Revue de métaphysique et de morale», 71 (1966), pp. 154-198. d) V. LAZZARINI, Antiche leggi venete intorno ai proprietari della terraferma, «Nuovo archivio veneto», n.s. 38 (1920), pp. 8-45, ristampato nel vol.: V. LAZZARINI, Proprietà e feudi, offizi, garzoni, carcerati in antiche leggi veneziane, Saggi seguiti da una notizia biografica e dalla bibliografia dell’autore, Roma 1960, pp. 9-29.
1. Se all’inizio, o alla fine, della tesi è data la bibliografia completa degli scrittori consultati, si dispongano le schede di regola in ordine alfabetico di autore e quelle di uno stesso autore in ordine cronologico. Si distinguano due sezioni: testi dell’autore studiato e di altri classici del pensiero e studi critici. 2. Se a corredo di una stessa affermazione si fa citazione di scritti di autori diversi, si segna l’ordine cronologico di pubblicazione, a meno che non si voglia fissare un ordine che rispecchi il valore degli scritti o la loro diversa pertinenza all’argomento trattato. 3. Si abbia cura di usare e citare l’ultima edizione degli scritti che interessano, salvo i rari casi in cui un’edizione precedente all’ultima sia più autorevole di questa. 4. Nella citazione dei titoli degli scritti e dei periodici si usi la maiuscola dove è strettamente necessaria. Es.: «Archivio storico italiano» (non «Archivio Storico Italiano»). Si evitino rigorosamente le citazioni di seconda, terza, ecc. mano: si deve vedere tutto coi propri occhi e nelle edizioni più attendibili. Se si è costretti da necessità a fare una citazione di seconda mano (es. irreperibilità o estrema rarità dello scritto da citare), si deve citare con esattezza e completezza lo scritto nel quale si è trovata la citazione. |